Non ho idea
Non ho idea di che cosa possa succedere ad una persona quando si trova davanti a questo grande enigma: recitare. Perché, cosa lo spinge, quali sono le vere motivazioni, cosa sente dentro?
Pur essendo attore, mi continuo a chiedere perché ci si debba presentare davanti ad un pubblico sconosciuto per attrarlo, trascinarlo, farlo vivere e respirare con noi, perché inventare storie per essere vivi, perché giocare con le emozioni, con i sentimenti, con la vita, con noi stessi… Non ne ho idea! ma una cosa è vera: ci si sente vivi!
Ecco il punto. Shakespeare direbbe: «Ecco perché, ecco cosa tiene in vita fino a tarda età noi attori infelici: la paura di qualcosa che sta nella vita. Perché chi vorrebbe soffrire su un palco, la paura di un sipario che si apre, chi vorrebbe stare giorni, sere, notti a studiare, non qualcosa semplicemente da imparare, ma qualcosa da essere, da vivere? Chi accetterebbe di essere giudicato sempre, per tutta la vita, da gente sconosciuta, arrivata da chissà dove, che vuole vedere una storia vera, una vita vera, una persona vera? Tutto da imparare a memoria, da sentire nell’anima e poi da restituire al pubblico in modo vivo e pulsante, come un cuore nel pieno della sua più frenetica attività. Chi vorrebbe mai essere lontano da quell’io che vive in noi, per andare ad esplorare altri corpi, altre menti, altre anime che sono l’opposto della nostra condizione ordinaria e che a volte ci fanno davvero soffrire?». Già perché per recitare veramente bene, per interpretare dei veri sentimenti, bisogna che la partecipazione sia massima. Un vero attore deve imparare a non recitare!
Chi vorrebbe decidere di volere ogni sera, davanti a tante persone un verdetto di vita o di morte, una violenta emozione protratta per tutta una vita? Chi vorrebbe tutto questo e ancora di più, se qualcosa fuori dal teatro, “la vita”, nella quale molti rimangono inesorabilmente incagliati, non facesse così paura e non ci affascinasse allo stesso tempo così tanto, da voler preferire di raccontarla come saggi, autorevoli osservatori, come bambini stupiti ed entusiasti o come viaggiatori doloranti e afflitti, reduci da troppe sconfitte?
Non ho idea, non ne ho proprio idea!
Un giorno vorrei capire perché c’è tanta gioia dentro noi attori quando riusciamo a dare gioia. Perché vogliamo, come fine ultimo, la gratificazione di perfetti sconosciuti? Non la nostra, la nostra semmai arriverà di conseguenza, perché così concentrati su noi stessi per essere altro da noi. Perché questo strano altruistico "egoismo"?
Il mondo è un posto poco sicuro e questo l’attore lo sa perfettamente. E’ difficile vivere, imprevedibili sono le giornate, complessi i rapporti sociali e per questo abbiamo scelto un mondo più sicuro e gestibile, dove tutto, nella sua assoluta verità, è prestabilito, deciso, conosciuto. Nessuna sorpresa: ai lati le quinte, dietro un fondale, davanti il sipario e sappiamo perfettamente quando si chiuderà. La vita non ci da queste certezze, non sappiamo cosa succede alle nostre spalle, non sappiamo chi arriverà, ogni giorno ci sorprende, spesso ci coglie impreparati. Non abbiamo idea di quando si chiuderà il sipario della nostra esistenza! Sul palcoscenico sappiamo perfettamente quale sarà la nostra ultima battuta e poi calerà la tela…
Forse sarà questa tranquillità, questo rifugio nell’arte, il motivo che spinge l’attore sulle scene della sua vita! o forse è successo qualcosa nell’oscuro gioco di un’infanzia perduta, strappata, spezzata o troppo perfetta… Qualcosa che un giorno, tra i giochi innocenti di un’alba più vera, più viva, più vicina al dolore, ci ha fatto giurare con mani troppo piccole per dare un pugno, ma già grandi per un impegno solenne: «Se oggi sei tu che mi hai tradito, se oggi sei tu che non mi hai guardato, se oggi sei tu che non mi hai amato, se oggi io soffro… domani saranno centinaia ad amarmi, a guardarmi, anche solo per ciò che rappresento. Mi potrà bastare. Lì, sotto di me, gli occhi entusiasti di gente mai vista, mi scalderanno. Il mio rifugio sarà il gioco, la fantasia. Sarò tanti, potrò essere tutto ciò che voglio! Tu non mi hai accarezzato? Domani saranno tante le mani che mi applaudiranno!”
Maurizio Messana