Un attore non invecchia e non muore mai

Questa è una cosa davvero strana, me lo sono sempre chiesto, perché continuo a pensare che un attore non invecchi? Forse perché io sono un attore e ciò mi consolerebbe alquanto. Non credo proprio, siamo molto lontani. No, penso che gli attori siano una sorta di poeti-accattoni che recitano la vita e lo fanno per tutta la vita, anche se un giorno dovessero dire «Basta, mi ritiro, vado via, che il diavolo se lo porti quello stramaledetto teatro, mi sono rovinato la vita per lui, non ho più niente!». Niente affatto, anche allora un attore recita e non è per niente convinto di ciò che dice.

È mai possibile che un attore, ad un certo punto, non sia più tale? Intendo dire, un vero attore, non uno che fa. Assolutamente impossibile, recitare diventa parte della vita, quella profonda, dove i sentimenti si mescolano nelle giornate, con i personaggi dei nostri copioni che si alternano nella mente e che a volte prendono corpo e non ci fanno dormire… E già, non riusciamo a dormire più la notte… Ma non importa, perché succede qualcosa di più grande, di magico ed inaspettato, i nostri sogni si materializzano e abbiamo vissuto di essi e con essi, consapevoli di ciò che stava avvenendo, quindi non un sogno, ma una straordinaria realtà.

Anche quando un attore muore, non credeteci! È una splendida interpretazione, è lui, ma sempre insieme ai suoi personaggi, che decide di fare un ultimo inchino, un saluto ad una platea un po’ più grande… Come quello tenerissimo di Pupella Maggio, che ci ha regalato la dolcezza di un teatro fatto di sentimenti genuini e puri. Pupella, avevi la terza elementare, forse qualcosa in più, ma tu vivevi in quella grande cultura che la conoscenza profonda dello spettacolo, del teatro, delle parole dette senza artificio, insomma, dell’amore per questo nostro gioco. Si poteva definire la tua presenza sul palco, discreta, leggera ed elegante, mai pesante o inopportuna, come spesso oggi accade. Ridevi e piangevi reali emozioni, che tali arrivavano al pubblico, non si poteva fare a meno di amare i tuoi personaggi, le tue donne: te, Pupella!

Mi piacerebbe poterti chiamare come tu facevi con tuo figlio in Natale in Casa Cupiello, mi piacerebbe poterti dire «Pupè, svegliate, Pupè e scetate, la zuppa e latte è pronta, aimme fatto o presepe, Pupè, simme quasi a Nnatale. Pupè, scetate!»… Ma tu hai altro da fare, sei sicuramente impegnata in altri personaggi, ma dentro di noi ci sei, ci sei con tutto quello che ci hai insegnato, perché solo coloro che non hanno l’arroganza di essere dei maestri o di sentirsi “colti”, possono ancora dire qualcosa. Tu hai detto e puoi ancora continuare a dire attraverso chi ti ha stimata e ha la tua stessa sensibilità, tutto, tutto ciò che il tuo cuore sa dettare alle labbra… CIAO PUPÈ!